Area dell'identificazione
Segnatura/e o codice/i identificativo/i
BE_REG-34-27-b.12-fasc.P
Denominazione o titolo
Elogio funebre di Ezio Balducci per Gustavo Babboni
Data/e
- [14] maggio 1948 (Creazione)
Livello di descrizione
Unità documentaria
Consistenza e supporto dell'unità di descrizione (quantità, volume, dimensione fisica)
Area delle informazioni sul contesto
Storia archivistica
Modalità di acquisizione o versamento
Area delle informazioni relative al contenuto e alla struttura
Ambito e contenuto
Elogio funebre per Gustavo Babboni, nato nel 1878, deceduto a Rimini il 14 maggio 1948:
Ezio Balducci ne ricorda la vita giovanile, gli studi, il carattere dignitoso; lo ricorda altresì quando si pose alla testa “della rinascita Democratica della Repubblica" sfociata nella giornata storica del 25 Marzo 1906, in cui sostenne che la Repubblica mai, nel volgere dei secoli, rinunziò alla Sovranità suprema dell'Assemblea Generale dei padri chiamata Arengo. Balducci ricorda il Babboni di 42 anni prima, quando, Presidente del Comitato dell'Arengo, nella Chiesa del Santo si fece accanto all'Altare affermando: “Quando un popolo si allontana dalla sua vera origine, perde allora la sua grandezza e la sua libertà”, e che “in libera Terra non può esservi che libero popolo”. Rammentando le volte in cui Babboni fece “appello a tutte le sue risorse proteso a difendere la neutralità della Repubblica”, Balducci scrive: “Io lo rivedo a me di fronte in certi colloqui muti ed angosciosi sulla soglia di avvenimenti disperati che ponevano le lacrime sul suo ciglio. Due eserciti, entrambi distruttori, si avvicendarono attorno ed entro i Confini della Repubblica, la guerra venne ad infrangersi alle falde del nostro monte, la distruzione si abbattè ingiusta e ingiustificata dal cielo in una tragica giornata di giugno e Gustavo Babboni vi perse anche un poco del suo sangue […]". Concludendo il suo commosso ricordo, Balducci racconta che sei giorni prima era seduto accanto al letto di Babboni e ne raccoglieva, dalla voce ormai flebile, l'ultimo suo entusiasmo.
Ezio Balducci ne ricorda la vita giovanile, gli studi, il carattere dignitoso; lo ricorda altresì quando si pose alla testa “della rinascita Democratica della Repubblica" sfociata nella giornata storica del 25 Marzo 1906, in cui sostenne che la Repubblica mai, nel volgere dei secoli, rinunziò alla Sovranità suprema dell'Assemblea Generale dei padri chiamata Arengo. Balducci ricorda il Babboni di 42 anni prima, quando, Presidente del Comitato dell'Arengo, nella Chiesa del Santo si fece accanto all'Altare affermando: “Quando un popolo si allontana dalla sua vera origine, perde allora la sua grandezza e la sua libertà”, e che “in libera Terra non può esservi che libero popolo”. Rammentando le volte in cui Babboni fece “appello a tutte le sue risorse proteso a difendere la neutralità della Repubblica”, Balducci scrive: “Io lo rivedo a me di fronte in certi colloqui muti ed angosciosi sulla soglia di avvenimenti disperati che ponevano le lacrime sul suo ciglio. Due eserciti, entrambi distruttori, si avvicendarono attorno ed entro i Confini della Repubblica, la guerra venne ad infrangersi alle falde del nostro monte, la distruzione si abbattè ingiusta e ingiustificata dal cielo in una tragica giornata di giugno e Gustavo Babboni vi perse anche un poco del suo sangue […]". Concludendo il suo commosso ricordo, Balducci racconta che sei giorni prima era seduto accanto al letto di Babboni e ne raccoglieva, dalla voce ormai flebile, l'ultimo suo entusiasmo.
Procedure, tempi e criteri di valutazione e scarto
Incrementi previsti
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Scrittura della documentazione
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- Babboni, Gustavo (Soggetto)