Area dell'identificazione
Segnatura/e o codice/i identificativo/i
Denominazione o titolo
Data/e
- Rimini, 25 giugno 1954 (Creazione)
Livello di descrizione
Consistenza e supporto dell'unità di descrizione (quantità, volume, dimensione fisica)
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Storia archivistica
Modalità di acquisizione o versamento
Area delle informazioni relative al contenuto e alla struttura
Ambito e contenuto
- 25.06.1954. Carta intestata. Il Dr. Giovanni Balducci informa il cugino Ezio sul numero di malati di Heine - Medin (poliomielite) riscontrati nel riminese, tra cui il "ghetto Turco" e S. Giuliano Mare, ricavato dalla sua attività di controllo. L’autore accenna al difficile accertamento della malattia quando un malato muore a casa.
- Rimini. Carta intestata: Guerriero Balducci. Lettera scritta a due mani. Nella prima parte Giovanni Balducci scrive al cugino Ezio che "il panico per la poliomielite è ormai passato", ed esaminando con calma la situazione, il numero dei casi non si discosta dal solito, ma che a Rimini si sono presentati tutti nello spazio di dieci giorni. Infine, il mittente accenna ai dati forniti dai medici che visitano a domicilio. Nella seconda parte della lettera, Lino Balducci si sofferma ampiamente sulla tassa di successione, e riporta le stime effettuate dall’Ufficio Tecnico Erariale di Forlì.
Procedure, tempi e criteri di valutazione e scarto
Incrementi previsti
Criteri di ordinamento
Area delle informazioni relative alle condizioni di accesso ed utilizzazione
Condizioni che regolano l’accesso
Condizioni che regolano la riproduzione
Lingua della documentazione
Scrittura della documentazione
Note sulla lingua e sulla scrittura della documentazione
Caratteristiche materiali e requisiti tecnici
Strumenti di ricerca
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Esistenza e localizzazione degli originali
Esistenza e localizzazione di copie
Unità di descrizione collegate
Area delle note
Nota
(I) Via Giuseppe Melucci è il rettilineo che congiunge i quartieri di Rivazzurra e Bellariva all'Ospedale di Rimini. La strada deve il suo soprannome, "ghetto Turco", a Giuseppe Melucci, soprannominato 'il Turco', che qui costruì la prima casa della zona, e alla promessa fattagli dal sindaco Ceccaroni. Il nipote Germano, sfollato con la famiglia nella galleria Santa Maria di Borgo Maggiore, raccontò le memorie di quel periodo: “[...] Quando sentimmo che il fronte era proprio accanto a noi, restammo tutti chiusi nella galleria, per due giorni. Eravamo esausti, non avevamo più nulla, nemmeno l'acqua. Allora mi decisi ad uscire con il fiasco e, per la prima volta, vidi dei militari che non erano tedeschi. Erano gli Alleati, pensai. C'erano anche soldati di colore. Capii in seguito che erano le truppe d'assalto. Così tirai diritto fino alla fontana e mi misi in fila dietro a tutti questi militari che, con le armi a tracolla, mi facevano cenno di stare indietro, di fare attenzione. Al Borgo, dove la strada si biforca tra quella che porta alla funivia e quella verso la rocca in cima, dietro quest'ultima curva, in precedenza c’era sempre stato un autoblindo con quattro soldati tedeschi che stazionavano come posto di blocco e controllo. Ora, mentre in fila lentamente mi avvicinavo alla fontana, arrivai ad essere accanto a quello stesso autoblindo e dentro vidi i tedeschi, stavolta tutti morti. E, arrivato a riempire il fiasco e tornandomene alla galleria, ripassandoci vicino, ricordo che c'era un italiano, uno sfollato di Rimini che pure conoscevo, che stava slacciando gli carponi ad uno dei cadaveri. Per rubarseli. Per miseria. Rimanemmo ancora qualche giorno nella galleria, dove gli Alleati non entrarono mai. Io e mia sorella andammo a cercare della frutta, dell'uva (era settembre inoltrato), giù per una strada sconnessa ai cui lati stavano montagne di proiettili. Tra quei mucchi d'armi c'erano anche delle belle cassette con dei manici di corda e pensammo che ci avrebbero fatto comodo, per metterci le nostre cose dentro. In giro non c'era nessuno, così facemmo per prenderle, quando all'improvviso un camion di soldati alleati, scendendo dalla curva e vedendoci, iniziò a farci cenni con le mani e a suonare rumorosamente il clacson. Erano mine. E per foruna ci fermammo. Tra gli Alleati ce n’erano di tutte le nazionalità: nordafricani, gurka, indiani, canadesi, neozelandesi. All'arrivo degli inglesi, iniziarono a distribuire un pò di pane (quello bianco, loro, che ci sembrava buonissimo) e qualche scatoletta. E ad ogni nucleo familiare passarono delle Am-Lire. Come un reggimento alleato arrivava, le prime cose che piazzavano erano cucina, lavanderia, latrine e il tendone del cinema. Ci proiettavano le loro commedie, come quelle di Fred Astaire ad esempio. Alla mattina ricordo che, con un solo bruciatore dalla fiamma enorme, scaldavano tutta una griglia con sopra i loro padelloni. Così, appena alzati, avevano tutto caldo: bacon e uova, tè, caffè e cioccolato nelle loro tazze di ferro smaltato. Le lavanderie, poi, erano già tutte automatiche e con il sapone a scaglie, profumato e dalle forme regolari, cose che non avevamo mai visto e a cui facevamo un gran filo (noi italiani usavamo ancora la cenere o il sapone grezzo, tagliato a blocchi, o la varecchina oppure la saponina, che consumava le mani, e i capelli ce li lavavamo con l'aceto). Dopo una settimana dall'arrivo degli Alleati ce ne tornammo a casa [...]”.
Identificatori alternativi
Punti di accesso
Punti d'accesso per soggetto
Punti d'accesso per luogo
Punti d'accesso per nome
- Balducci, Giovanni (Soggetto)
- Balducci, Lino (Soggetto)
- Melucci, Giuseppe (Soggetto)
- Melucci, Germano (Soggetto)
- Ceccaroni, Walter (Soggetto)
- Astaire, Fred (Soggetto)
- Galli, Fabio Glauco (Soggetto)